UNA INTERVISTA DA RILEGGERE PER CONOSCERE IL NOSTRO PUNTO DI VISTA

“I profughi non rubano lavoro a nessuno, sono un’opportunità”
 
venerdì, 3 marzo 2017, 14:40
 
di andrea cosimini
 
Pur essendo una onlus ed essendo costretti, quindi, a reinvestire in attività inerenti l’associazione ogni avanzo di gestione, Partecipazione&Sviluppo assomiglia piuttosto ad un’azienda. Che, a differenza di altre, gode di ottima salute ed è addirittura in crescita. Nonostante i tempi di crisi. Un’associazione di volontariato che è riuscita a dare lavoro ad un personale di 14 dipendenti, 11 italiani e 3 migranti riconosciuti dalle commissioni territoriali come aventi diritto a rimanere nel nostro Paese, per un totale di 120 richiedenti asilo gestiti in tutta la provincia di Lucca. In pratica, un dipendente ogni 8 profughi.
 
La loro sede è a Bagni di Lucca. Un edificio giallo, alle porte del paese, proprio vicino alla caserma dei carabinieri. Dopo la prima rampa di scale, c’è un piedistallo con sopra riposta una copia della costituzione della repubblica italiana. Al muro, lungo tutte le scale, sono appesi quadri che ritraggono migranti africani. Mentre nell’ufficio, quello centrale, sono appesi i quadri di Martin Luther King e San Francesco. Di lato, ben in vista, una cartina in vasta scala del continente africano.
 
Ad aspettare La Gazzetta del Serchio, per una chiacchierata, ci sono il presidente dell’associazione, Alessandro Ghionzoli, e il suo braccio destro, Monica Mattei, coordinatrice del personale. Entrambi dell’idea che non sia giusto chiamare “clandestini” i richiedenti asilo e, soprattutto, che questi non vadano più considerati come un “problema” ma casomai come una “risorsa”. Recentemente, dieci di loro hanno addirittura avviato un tirocinio formativo a 500 euro al mese, per sei mesi, presso una società gestita dal comune di Bagni di Lucca. Lo hanno fatto attraverso un bando regionale. Qualcuno però ha storto il naso chiedendosi se non era il caso che la regione, prima che agli immigrati, pensasse al 40 per cento dei giovani italiani che ancora faticano a trovare un’occupazione.
 
Ci scusi, presidente, ma secondo lei è stato giusto questo bando?
 
“Per come lo vedo io, sì.Credo che il bando avesse, essenzialmente, due mire: avvantaggiare i giovani, abbattendo proprio quel 40 per cento a cui lei fa riferimento, e favorire le categorie protette”. 
 
Diciamo favorire gli immigrati…
 
“Non solo. Il bando era aperto anche a categorie di giovani italiani. Disabili e normodotati”.
 
Sì, ma non tutti. Tanto che le domande presentate dai ragazzi italiani sono state solo due. Contro le dieci dei richiedenti asilo. Come si spiega se non che era un bando mirato, essenzialmente, ai profughi?
 
“Intanto, bisogna dire che quando ci sono i bandi del servizio civile le proporzioni tra italiani e migranti sono inverse. Ma credo che qui il problema sia un altro. E’ che i nostri giovani devono cominciare ad abituarsi a frequentare Internet, non solo per i siti che gli interessano, ma anche per cercare opportunità di lavoro. Noi, come associazione, ci occupiamo, ad esempio, di recuperare i curricula dei richiedenti asilo e di rivolgerci al centro per l’impiego per intercettare qualche opportunità”. 
 
Ci sta per caso dicendo che il problema sono i giovani italiani che non lo cercano il lavoro?
 
“No. Sto dicendo però che le opportunità di lavoro vanno intercettate. E poi, mi scusi, siamo sicuri che quel tipo di lavoro che era stato messo a bando (tirocinio presso la società BASE per la raccolta dei rifiuti, ndr) interessava davvero i nostri giovani?Ci sono lavori che i nostri giovani non vogliono fare più. Come le O.S.S. sanitarie, le badanti o i netturbini. Smettiamo di vedere questo come un problema. Ma guardiamolo come un’opportunità. Svolgere questi lavori serve a loro, perché così sono favoriti nell’accettazione della propria richiesta d’asilo da parte delle commissioni, ma anche a noi. Perché così migliorano un servizio, in questo caso quello della spazzatura, utile a tutta la comunità”.
 
Niente più lavori volontari, quindi?
 
“Macché. Ben vengano anche quelli. Anzi. E’ proprio così che nasce l’integrazione. La gente comincia ad interagire con i richiedenti asilo e vede che anch’essi sono dei bravi ragazzi. Nell’ultimo decreto Minniti-Orlando, tra le altre cose,si parla proprio di incentivare l’attività volontaria di pubblica utilità. E, anche se alcune forze sindacali-politiche dicono che il lavoro deve essere pagato, io dico invece che questa attività volontaria serve proprio a far conoscere i richiedenti asilo così che possano aiutare la comunità e non bighellonare tutto il giorno”.
 
Quanti richiedenti asilo siete riusciti a mettere a lavoro per ora?
 
“Dunque: 3 sono stati selezionati per il servizio civile presso la Misericordia di Corsagna (433 euro al mese per un anno); 1 partirà a breve per svolgere il servizio civile presso la Croce Rossa di Bagni di Lucca (433 euro al mese per un anno); 10 effettuano un tirocinio formativo presso la società BASE del comune di Bagni di Lucca (500 euro al mese per sei mesi); 1 svolge un tirocinio presso un’azienda agricola di Barga (500 euro al mese per sei mesi); 1 ha svolto l’attività di addetto alla sicurezza, per un mese, presso il Lucca Comics; 15, a rotazione, svolgono lavori socialmente utili a Bagni di Lucca e sono tutt’ora a disposizione dell’amministrazione comunale; gli 8 di Barga sono, attualmente, in stand-by ma presto dovrebbero attivarsi per lavori socialmente utili; 2 cantano in un coro gospel; e altri sono regolarmente tesserati in squadre calcistiche della nostra zona”.
 
Perché non le va a genio la parola “clandestino”?
 
“Perché clandestino è una persona che fa qualcosa di nascosto. I nostri richiedenti asilo, invece, sono tutti foto-segnalati ed hanno con loro un codice fiscale e una carta d'identità. Al massimo si può dire che sono potenziali aventi diritto a rimanere. Non clandestini. Il che presume, al contrario, che non siano stati identificati. C’è un loro schedario in questura. E i carabinieri vengono spesso a fare foto ai migranti che gestiamo all’interno delle strutture”. 
 
Quanti profughi gestite, attualmente, in tutta la provincia di Lucca?
 
“120. Così suddivisi: 46 a Bagni di Lucca, 26 a Ghivizzano-Pian di Coreglia, 22 a Fabbriche di Vergemoli, 8 a Bolognana, 8 a Fornaci di Barga e 10 a Lucca”.
 
E quanto vi arriva dallo Stato per ognuno di questi profughi?
 
“Dipende dal bando. Comunque, diciamo sui 33 euro giornalieri a testa. Quindi il calcolo complessivo è facile da fare…” 
 
33 x 120 = 3 mila 960 euro al giorno. Non male. Avete già chiuso il bilancio del 2016?
 
“Non ancora. Ad aprile. Posso dire che l’anno scorso il nostro avanzo di gestione è stato di 15 mila euro. Quest’anno, probabilmente, sarà un po’ maggiore. Essendo una onlus, però, non possiamo parlare di profitto. Questo avanzo lo dobbiamo necessariamente investire in attività inerenti al nostro scopo”.
 
Quest’anno come lo reinvestirete quindi?
 
“Abbiamo già in mente un progetto importante che riguarderà i cittadini italiani. Soprattutto i più anziani. Perché noi non siamo per i neri o, addirittura, contro i bianchi. Siamo per chi ha bisogno. Il progetto riguarderà, nello specifico, Bagni di Lucca. Di più, però, non posso dire ancora”.
 
Siete ancora indietro con le mensilità che dovete ricevere dallo Stato?
 
“Sì. Siamo 5 mesi indietro. Ma con gli avanzi di gestione che abbiamo, ora, siamo meno preoccupati”.
 
I tempi delle commissioni territoriali, invece, sono migliorati?
 
“Più o meno sono sempre quelli. Anche se ora, forse,tolgono un appello. Con il decreto Minniti-Orlando, infatti, dalla prima sentenza si dovrebbe passare direttamente alla cassazione”.
 
Parliamo del vostro rapporto con le varie amministrazioni comunali nei territorio in cui gestite le strutture di accoglienza. Andate d’accordo con tutte?
 
“Partiamo da un presupposto. Nessun sindaco è contento di ospitare profughi sul proprio territorio. Perché sono un impegno. Noi però dobbiamo andare d’accordo per forza con gli amministratori. Anche perché sono loro che ci ospitano”.
 
Ma le sembra giusto che un sindaco, che dovrebbe rappresentare la propria comunità, abbia un ruolo così marginale nell’accoglienza dei profughi sul proprio territorio?
 
“Intanto bisogna chiarire che qui parliamo di un progetto europeo. L’Anci sta diventando sempre più protagonista in questo progetto. Con il decreto Minniti-Orlando, infatti, i sindaci vengono coinvolti di più”.
 
In generale, però, ci sembra che la prefettura se ne infischi del parere dei sindaci in molti casi…
 
“Le spiego come avviene tutto il procedimento. Un proprietario di una casa si rivolge a noi e ci mette a disposizione il suo appartamento per accogliere i profughi. Iniziamo quindi le verifiche di idoneità della struttura e dopo chiamiamo direttamente il sindaco. Se lui dice no è no. Quindi dopo passiamola palla alla prefettura e gli diciamo di relazionarsi lei con il sindaco”.
 
Ma le amministrazioni cosa ci guadagnano ad accogliere i profughi? 
 
“Per ogni profugo accolto il comune percepisce 500 euro l’anno. Si tratta di fondi extra-bilancio. Quindi da spendere come si vuole. Per gli italiani o per gli immigrati. Indifferentemente”.
 
Cosa ne pensa del nuovo prefetto?
 
“L’ho visto una volta sola. L’ho sentito parlare 5 minuti ad un incontro. E’ una persona molto equilibrata che aspetta di conoscere bene la realtà locale. So che ha incontrato sindaci e che, prossimamente, incontrerà anche noi”.
 
Ma non si sono mai verificati episodi di razzismo durante le manifestazioni che organizzate sul territorio?
 
“Mai. Alle manifestazioni a cui abbiamo partecipato, ultima ma non ultima il Carneval Fornoli, non è mai successo nulla. Anzi. Alcune persone addirittura solidarizzano con i richiedenti asilo. E quest’ultimi non si sono nemmeno mai lamentati quando sono rientrati nelle strutture dopo essere usciti per qualche motivo”.
 
Oltre al Carneval Fornoli, a quali altre manifestazioni avete partecipato per integrare questi profughi?
 
“Abbiamo organizzato laboratori di educazione alla cittadinanza, laboratori sulla raccolta differenziata e, d’estate, laboratori di giardinaggio e agricoltura. Abbiamo partecipato allo Street-Food e ad altre iniziative locali. Abbiamo anche raggiunto un accordo con la farmacia di Ponte a Serraglio per organizzare incontri con dottori in grado di educare i richiedenti asilo all’utilizzo dei farmaci”.
 
Un’ultima curiosità. Quanti richiedenti asilo che avete gestito sono stati poi, effettivamente, riconosciuti come aventi diritto a rimanere?
 
“Più o meno il 15-20 per cento. Di recente, due hanno ottenuto lo status di rifugiato, tre la protezione sussidiaria, uno la protezione umanitaria. Questi però passano subito ai bandi SPRAR”.